DEMENZA A CORPI DI LEVY
La demenza a corpi di Levy rappresenta il terzo tipo più comune di demenza, circa il 10-15% dei casi. L’età di esordio si manifesta tipicamente superati i 60 anni. Come nella malattia di Alzheimer ritroviamo placche amiloidi e grovigli neurofibrillari, e in più la presenza di proteine anomale note come “corpi di Lewy” nelle cellule nervose del cervello. Le proteine agiscono sulla trasmissione neuronale, interrompendo lo scambio di informazioni e di segnali e portando all’apoptosi degli stessi neuroni.
La demenza a corpi di Lewy è una malattia complessa, la quale può manifestarsi con svariati sintomi ad insorgenza insidiosa e lentamente ingravescente. Generalmente tra le prime avvisaglie si presenta un’alterazione del pensiero, caratterizzato da momenti in cui il paziente risulta essere attento e vigile, alternati a periodi di confusione e di non responsività alle domande. Ritroviamo di conseguenza un cambiamento nella vigilanza, nella concentrazione e nelle abilità visuo-spaziali del paziente (quest’ultime dovute probabilmente più alle difficoltà psicomotorie della malattia, piuttosto che ad una vera e propria compromissione visuo-spaziale). Possono emergere anche i primi disturbi del sonno e una maggiore presenza di deficit attenzionali. Questa tipologia di demenza è inoltre contraddistinta da problemi di movimento, alcuni sintomi risultano essere molto simili alla malattia di Parkinson, come il rallentamento motorio, la rigidità e i tremori. Durante il decorso possono presentarsi anche sintomi psichiatrici come deliri e allucinazioni (per lo più visive). Rispetto alle prime fasi della malattia di Alzheimer, la memoria risulta essere meno influenzata.
Bibliografia:
- De Beni R., Borella E., Psicologia dell’invecchiamento e della longevità, Il Mulino, 2015.
- Martin G. N., Balconi M., Neuropsicologia cognitive, Pearson, 2013.
- Vallar G., Papagno C., Manuale di neuropsicologia, Il Mulino, 2012.
- Zubenko G.S. et Col., A collaborative study of the emergence and clinical features of the major depressive syndrome of Alzheimer’s disease, American Journal of Psychiatry, 160, 2003.
Testo a cura di: Dott.ssa Dalila Paolino